Chi Siamo

 

Non dimenticare chi dimentica”, riassume l’obiettivo di AIMA: dare voce alle necessità delle famiglie colpite dalla malattia di Alzheimer e migliorarne la qualità di vita.

AIMA è un’ organizzazione no-profit italiana che si occupa di Alzheimer, la più “vecchia” e più esperta che oggi conta 24 associazioni territoriali.
L’obiettivo è sostenere chi sta vicino al malato, informarlo e, soprattutto “formarlo” perché unisca, all’amore per la persona colpita, la competenza necessaria ad affrontare tutti gli aspetti della malattia.

Questo rappresenta il fine di AIMA, sin dalla fondazione avvenuta nel gennaio 1985, quando nel nostro paese la malattia e le sue implicazioni erano sconosciute anche per la maggior parte del mondo scientifico.

VICOLO CIECO
Regia: Dario Argento
Direttore creativo: Roberto Gorla
Produzione: RBA Production
Attori: Lionello Turrini

Direttore Creativo: Roberto Gorla
Copy: Roberto Gorla, Paolo Razzini
Regia: Giuseppe Tornatore
Direttore della fotografia: Renato Alfarano
Producer: Bob Cacciotto
Casa di produzione: Motion Picture House


 

 

A.I.M.A. Costa Etrusca Onlus, con sede a Rosignano Solvay (LI), in Piazza
Risorgimento 23, si è costituita il 27 maggio 2017, dopo oltre cinque anni di operato
sul territorio, come Gruppo Operativo della Bassa Val di Cecina e Livorno di A.I.M.A.
Firenze onlus.

L’associazione non ha scopo di lucro e tra le principali linee di azione si propone di:

  • offrire ai familiari e a chiunque si prenda cura dei malati un punto di
    riferimento per informazioni, consulenza e sostegno;
  •  sensibilizzare la comunità, i singoli cittadini e organizzazioni sociali, alle
    problematiche sociali della malattia, attraverso incontri pubblici e interventi
    sui media;
  • promuovere progetti di formazione per gli operatori addetti all’assistenza o ai
    servizi sociali;
  • affiancare le istituzioni pubbliche nei percorsi di innovazione dei servizi ai
    bisogni specifici della Demenza;
  • rendere il nostro Centro, dove svolgiamo le attività, uno “Spazio Terapeutico
    di cura per le persone affette da Alzheimer;
  • collaborare con la zona del Distretto, che è il livello di governo territoriale che
    deve garantire e promuovere la partecipazione dei cittadini e delle associazioni
    di rappresentanza nella programmazione, come nella costruzione di reti
    assistenziali integrate, anche attraverso la co-progettazione.
  • realizzare progetti a sostegno dei malati, per la socializzazione “Caffè
    Alzheimer”.

 


 

Di seguito una lettera scritta dalla nostra Marinella Zagaglia che racconta la sua esperienza familiare con la malattia. Oltre ad essere toccante, reputiamo che sia particolarmente significativa per tutti coloro che vivono vicino ad una persona con demenza. 

“É arrivata piano piano, in silenzio, difficile per noi capire che era una malattia, che si trattava di Alzheimer. Nonna così forte, dura come la vita l’aveva obbligata ad essere, costretta ai lavori più umili, ma con la capacità di affrontare tutto e tutti; rimasta da piccola orfana di padre, vedova giovanissima, analfabeta e povera, aveva dovuto affrontare con grinta e tenacia la vita per proteggersi ed accudire i suoi figli.  La malattia la stava sottomettendo: inconcepibile. Era impossibile per noi che qualcuno o qualcosa la dominasse, non capivamo che cosa le stesse accadendo e come per tutte le cose che non si comprendono ne avevamo paura. Momenti di lucidità si alternavano al buio più totale, l’impossibilità da parte nostra di gestire la malattia in maniera razionale faceva sì che scaturissero molte emozioni: rabbia, sofferenza, tristezza, desolazione, sgomento, stanchezza, ma anche dolcezza e gioia. Ed è stato proprio sulle emozioni positive che ho iniziato a lavorare. Ho provato a vedere nonna in maniera diversa, non più come la colonna portante delle nostre vite, quella spalla sempre pronta per tutti, ma come una bambina che necessitava di essere accudita e compresa, quindi era diventata la “mia bambina. Dovevo lavarla accudirla, rimproverarla, ma soprattutto sostenerla ed amarla ancora di più. “Amami quando lo merito meno, perché sarà quando ne ho più bisogno”, non mi ricordo dove l’ho letta ma rende bene l’idea di quello che voglio dire. Devo ringraziare il medico di famiglia e la geriatra, che mi hanno convinto ad inserire nonna nel diurno del centro Alzheimer. Devo ammettere che anche in questo frangente non sono mancati dubbi, sofferenze, sensi di colpa e paure. Lei che per noi aveva dato la vita, nei rari momenti di lucidità, potesse comprendere dove si trovava e si sentisse abbandonata. Grazie a tre angeli, l’educatrice del centro Rita, e le sue assistenti, Barbara e Sara, nonna si é sentita subito accolta: con loro ha ballato, cantato, cucinato, dipinto, fatto ginnastica ed altre mille cose che nella vita non aveva mai fatto. Ho immaginato che con questa malattia, nonna inconsciamente si era riappropriata di tutte le cose che le erano state negate, come la libertà di dire e fare tutto quello che pensava, non avendo più barriere inibitorie, giocare come nella sua vita non aveva mai fatto. Quindi, pur essendo anziana e malata, la qualità della sua vita, con l’inserimento al centro era notevolmente migliorata. Tutti noi familiari abbiamo seguito nonna, non senza difficoltà. L’Alzheimer è devastante per il malato e per coloro che si occupano di lui: i gesti e le parole si ripetono in maniera ossessiva, loro vivono in un mondo dove a noi non è permesso di entrare. Ho parlato di gioia, difficile comprendere come si possa parlare di gioia in questa situazione. Ho provato non a tenerla con la mente nel presente, dove lei non c’era più o raramente, ma lasciarla ritornare nel passato, con i suoi ricordi lucidissimi, ed io sono entrata nel suo passato. Sappiamo benissimo che i malati d’Alzheimer arrivano purtroppo al punto di non riconoscere le persone a loro più care, e quanto faccia male “diventare nessuno per chi ti ha dato la vita.  Ho avuto la fortuna di essere sempre presente e riconosciuta da lei, quindi credo di essere riuscita ad entrare nel suo limbo e farla sentire meno sola, è questo che mi ha dato GIOIA. Questa malattia devasta le famiglie, rompe gli equilibri, crea non pochi disagi poiché la difficoltà di gestione è notevole sia che nell’affrontarla siano in molti,  piuttosto che da soli. Credo che solo la conoscenza di questa malattia con tutte le sue sfaccettature ci permetta di viverla in maniera più “serena possibile” accettando, il fatto che ci siano situazioni che non possiamo cambiare, ma possiamo provare, ad accettare sempre nell’ottica del soffrire meno. Per fare questo occorre tirare fuori le proprie risorse personali, ognuno con i suoi modi e tempi. Questa è la mia storia, comune a tutti voi, ma solo mia. Ognuno di voi avrà sicuramente una storia, solo sua, ma da condividere, per soffrire meno con gli altri.

Vi aspettiamo per sostenerci a vicenda”.                                             

                                                                                                                              Una di voi.